Dopo la Grande Guerra. Politica, società, cultura nell’Alto Adriatico: il caso di Fiume, Bookcity, 2021

Report di Samuele Vanoni

I libri presentati in questo incontro -in occasione di BookCity 2021- parlano di Fiume, negli anni 1919-1920, con l’impresa di Gabriele d’Annunzio al termine della Grande Guerra (in relazione al tema dell’Irredentismo), e sono i seguenti:

  1. Fiume Crisis. Life in the Wake of the Habsburg Empire di Dominique Reill Kirchner (non presente alla presentazione), nel quale si parla della vita quotidiana di Fiume negli anni dell’esperienza dannunziana;
  2. D’Annunzio e il mito di Fiume. Riti, simboli, narrazioni di Federico C. Simonelli: esplora la vicenda mitica della questione fiumana che ricopre quei 15-16 mesi;
  3.  Fiume 1919-1920. Uno sguardo internazionale (fascicolo 3/2020 della rivista «Memoria e Ricerca»), curato da Marco Cuzzi e Annarita Gori: i saggi inclusi nel fascicolo studiano gli echi e le rappresentazioni a livello internazionale della vicenda di Fiume.

Alla presentazione di questi testi sono intervenuti Marco Cuzzi (professore di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Milano), Federico C. Simonelli (Università di Urbino) e Annarita Gori (ricercatrice post-doc all’ICS-Università di Lisbona), con il coordinamento di Massimo Baioni (professore di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Milano).

Con il professor Cuzzi è stato possibile discutere sull’esistenza di una narrazione storiografica sulla Fiume dannunziana, con un percorso che inizia proprio da d’Annunzio, protagonista di quei 550 giorni (la cui riscoperta incide anche sulla Repubblica di Salò, che è stato anche un luogo dove rimescolare socialismo e nazionalismo).  Così come viene illustrato anche nel libro di Reill, i temi classici studiati su Fiume fanno parte della contestualizzazione internazionale della vicenda (1919): l’Italia esce dal conflitto con un sacrificio immane di soldati (un’intera generazione è scomparsa nella guerra); ma il poeta Gabriele d’Annunzio ritiene la vittoria italiana come “mutilata”, in quanto alcune realtà (come quella di Fiume) non sono state integrate dal Regno a fine Guerra (insieme ai territori garantiti dal Patto di Londra).

Il testo della Kirchner l’impresa come l’inizio di un percorso che avrebbe caratterizzato l’immaginario politico di d’Annunzio relativo all’Italia post-bellica. La linea di studio introdotta ritrae Fiume come ispiratrice di una situazione politica italiana dirompente, in cui convergono tutte quelle contraddizioni politiche che caratterizzano l’Italia anche nel Fascismo (si parla di “Nazionalismo eversivo fascista”). Alcuni studiosi affrontano molto approfonditamente il tema in analisi come un’esperienza generazionale che contraddistingue la vicenda fiumana col Sessantotto, la quale avrebbe dovuto creare quel mondo nuovo voluto (e tanto agognato) nel periodo bellico.

La novità di tutti i testi presentati sta nell’illustrare altre linee di ricerca che ampliano ulteriormente gli orizzonti di studio della vicenda:

  1. la vita quotidiana dei cosiddetti “legionari” e della popolazione locale sotto d’Annunzio in quei 550 giorni. Alcuni studi vanno contro la cosiddetta vulgata che segue d’Annunzio senza ribellarsi alla situazione imposta, perché si dimostra come per molti cittadini fiumani le reazioni ci sono eccome;
  2. Fiume è una città sub-danubiana perché in realtà è multietnica, con un retroterra multiculturale, studiato per la prima volta in tempi recenti (e il numero monografico di «Memoria e Ricerca» lo ha analizzato efficacemente). Si tratta, quindi, di una propaggine ben più ampia della sola Italia, in cui sono comprese dimensioni autonomiste finora solo sfiorate dalla storiografia. Si comincia a considerare Fiume come un episodio che va ben oltre le cannonate del Gen. Caviglia dopo i 550 giorni;
  3. leggere gli strascichi che l’esperienza ha avuto all’estero: Come gli stranieri hanno vissuto Fiume? Si parla di personaggi particolari che, direttamente o indirettamente, hanno visto coi loro occhi una sorta di “oppressione” sotto il Poeta. Inoltre, si parla di come venga affrontata la vicenda fuori dai confini (es. Berlino, Sud America…).

Un invito rivolto agli studenti, da parte dei relatori, sottolinea la necessità di saper sempre contestualizzare gli eventi, avendo il coraggio di superare preconcetti, ampliando così gli orizzonti.

Il volume di Federico C. Simonelli D’Annunzio e il mito di Fiume. Riti, simboli, narrazioni offre, invece, una riflessione molto interessante sulla città di Fiume come una città-mito, per via del suo essere associata a Gabriele d’Annunzio e alla sua occupazione post-bellica. Pochi mesi dopo aver coniato il termine/slogan “Vittoria Mutilata”, d’Annunzio incontra la città, vedendola come simbolo delle rivendicazioni di tutto l’Adriatico (Fiume è solo il primo passo per un’espansione di una nuova stagione imperiale). Lo slogan “Riprendiamocela” deve tenere, però, conto della presenza di diversi aspetti da non trascurare, come la costruzione dell’italianità per la città. Se il sentimento irredentista, l’idea di una Fiume che deve unirsi all’Italia viene percepita così tardi, che cosa pensavano i fiumani fino ad allora? Perché mantengono ancora un governo locale anche dopo l’occupazione dannunziana? È la stessa domanda che lo storico Renzo de Felice si pone nei suoi studi.

Fiume è fin dall’epoca imperiale una città autonoma (è uno snodo fondamentale per l’Europa Centrale), ricca culturalmente, caratteristiche fondamentali per prosperare e sopravvivere a livello amministrativo, finendo contesa da uno Stato Nazionale e uno plurinazionale (Regno italiano e Germania) al termine della stessa età imperiale. È molto riduttivo, quindi, considerarla come un’entità limitata perché è l’esatto contrario.

Attraverso documenti scolastici, comunali, amministrativi (divisi tra Archivio di Stato di Rijeka e archivio del Vittoriale -casa monumentale voluta dal poeta dopo la vicenda e dedicata a sé stesso-) è possibile comprendere meglio come si sia sviluppato non solo il mito della città fiumana, ma anche dello stesso d’Annunzio.

Questo tipo di percezione ha potuto toccare la storiografia perché già all’epoca dei fatti si era diffusa in tutto l’Adriatico, grazie al Poeta e ai suoi seguaci, colpendo le realtà straniere oltreconfine. Sorge un ulteriore interrogativo: come è stata seguita la vicenda di Fiume a livello internazionale?

A questa domanda Annarita Gori e Marco Cuzzi hanno cercato di dare una risposta, attraverso la cura del fascicolo della rivista «Memoria e Ricerca» intitolato Fiume 1919-1920. Uno sguardo internazionale. Gli autori parlano di Fiume come una città considerata un importante centro storico, culturale e sociale in Europa. Questo suo contatto con vari mondi è uno dei punti comuni a tutti i volumi presentati. Fiume diventa un mito in diretta” già quando è oggetto di contesa. La città è descritta come un mosaico di culture, soprattutto ebraica, tedesca, italiana, croata. Ciò spinge a considerarla come una realtà che non coinvolge solo il Regno italiano, ma tutta Europa, anche dal punto di vista marittimo-commerciale. Nel numero di «Memoria e Ricerca» si parla di una città già cosmopolita, snodo geografico e politico ancor prima dell’impresa del poeta e del mito creatosi in seguito. Tutto questo va ben oltre i confini italiani: si tratta di un esperimento sociopolitico che cerca di superare la crisi dello Stato liberale verificatasi alla fine della Guerra (così come succederà negli anni Venti in altre parti del continente). Si parla, quindi, di una serie di giovani scontenti, sfiduciati, provati dal conflitto che prendono parte all’iniziativa del 1919: molti di questi iniziano a cercare una soluzione alla crisi dello stato liberale. Ciò porta molti giovani uomini (poche sono le donne) della classe borghese medio-alta (istruiti, ricordati come persone di spicco) a seguire il d’Annunzio giornalista e poeta. Fiume diventa una città di pellegrinaggio politico per molti giovani provenienti da molte parti del mondo con lo scopo di realizzare lavori di giornalismo politico su quanto ivi avviene.

La propaganda gioca un ruolo decisivo per la diffusione del mito di Fiume: infatti, i numerosi comunicati che invitano i giornalisti a recarsi in città contribuiscono a creare una notizia corroborata da pratiche e rituali che creano una sorta di ambasceria di Fiume all’estero. Si parla di biografie di sudamericani che partono verso Fiume: si tratta di giovani chiamati dalla città stessa, insieme a tanti altri provenienti da altre capitali estere, per esempio Parigi. Una volta arrivati partecipano ad una cerimonia di investitura molto dettagliata, al termine della quale vengono insigniti della Stella Latina di Fiume, diventando ambasciatori della città all’estero. Questa scoperta porta gli autori a unire una serie di casi interessanti provenienti in particolare da Francia e Stati Uniti: in questi ultimi si hanno due visioni opposte sul destino di Fiume, ovvero una sua esclusione dal Regno d’Italia contrapposta all’annessione allo stesso regno italiano insieme al Trentino, l’Istria e Trieste.

Al termine della presentazione non sono mancati gli interventi da parte degli studenti, i quali hanno permesso ai relatori di sottolineare come alcune linee storiografiche considerino il mito di Fiume una costruzione voluta da chi occupava la città: a dimostrazione di ciò ci si riferisce ad un saggio dello storico Vanni d’Alessio che parla di quanto la costruzione del mito fiumano sia stata facilitata dalla propaganda, dalla permanenza del d’Annunzio e del suo entourage. Inoltre, si è ritenuto necessario fare presente come nello stesso numero speciale di «Memoria e Ricerca» non sia stato trattato l’utilizzo della vicenda fiumana in Europa negli anni seguenti, lasciando così nell’ombra ulteriori linee storiografiche che potrebbero arricchire l’analisi di questo capitolo della storia italiana.

Link all’evento: https://bookcitymilano.it/eventi/2021/dopo-la-grande-guerra-politica-societa-cultura-nellalto-adriatico-il-caso-di-fiume.