Tra Torino e Edimburgo, ovvero Davide Riccio, potere e diplomazia sabauda alla corte di Maria Stuart, tesi di laurea triennale, relatrice prof.ssa Alice Blythe Raviola

Francis Steuart (1872-1942), nella sua opera “Seigneur Davie”, traccia un profilo fugace ma suggestivo di Davide Riccio, segretario personale dell’ambasciatore sabaudo in Scozia nel 1561, fornendone la prima ricostruzione storico-biografica. Il resoconto, essendo una raccolta delle rare fonti dirette degli eventi legati a Riccio, ha orientato le ricostruzioni storiografiche successive, che hanno assunto come acquisite le informazioni ivi contenute.

Eppure, tale ricostruzione, risulterebbe slegata dalle concause che, nell’Europa del XVI secolo, avrebbero potenzialmente agevolato l’ascesa del giovane Riccio dall’umile mestiere di musicista al prestigioso ruolo di segretario di Stato. Una scrupolosa disamina delle fonti tangenziali, affioranti dall’orizzonte diplomatico dei contemporanei del sabaudo, rivela una verità a lungo celata dalla dimensione sfuggente delle stesse, ma i moderni strumenti di indagine, come il sistema di ricerca “per parola”, consentono di estrarre da testi apparentemente estranei alla questione, frammenti di rilevanza cruciale per la ricostruzione della vicenda. In questo modo, analizzando relazioni statali, cronache belliche ecc., si è riusciti a delineare un percorso biografico molto più coeso.

Secondo le suddette fonti, emerge l’ipotesi che Davide Riccio sia nato presso San Paolo di Solbrito, dove venne annoverato tra le fila del casato dei Riccio, contrariamente all’attribuzione erronea ai più modesti Rizzio di Pancalieri. Per quanto concerne l’istruzione, al momento attuale risulta arduo tracciare in maniera definitiva i percorsi seguiti; tuttavia, è lecito supporre un’educazione di stampo umanista, data la sua destrezza nella lingua franca.

Attraverso lo studio di una missiva del 1567, custodita nella pregiata collezione del principe Labanoff, emerge un dato di particolare rilievo: «Et il conte di Moretta menò seco allora per segretario un David Riccio di Pancalieri in Piemonte, il qual nell’istessa maniera haveva prima servito l’arcivescovo di Torino»[1].

Tale epistola si riferisce al prelato allora in carica come arcivescovo di Torino, ossia monsignor della Rovere, il quale, tra il 1559 e il 1560, si trovava in territorio francese per negoziare i fondamentali trattati di pace di Cateau-Cambrèsis. In tale contesto, il Riccio si palesa, dunque, quale testimone oculare di eventi che avrebbero inciso profondamente sulla storia moderna.

In aggiunta, nel 1560, durante il medesimo anno dell’insediamento di Girolamo della Rovere quale vescovo di Tolone, si registra l’arrivo a Parigi di monsignor Moretta, fresco di colloquio con la regina Elisabetta I d’Inghilterra. È pertanto nel contesto dei primi anni Sessanta del Cinquecento, presso la capitale francese, che il vescovo in questione raccomandò il proprio segretario al nobile sabaudo Moretta, al fine di impiegarlo come suo segretario personale.

Le biografie attualmente disponibili su Maria, regina di Scozia, affrontano in maniera sommaria l’arrivo di Davide Riccio nel regno e l’effettiva portata dell’influenza da lui esercitata sulle complesse dinamiche politiche del periodo. Tuttavia, alcuni resoconti del XVI secolo provenienti dalla Scozia attestano l’importanza cruciale che egli rivestì nella decisione di Maria riguardo al suo secondo matrimonio con Lord Darnley, nonché il suo ruolo fondamentale nella campagna repressiva contro il Chaseabout Raid protestante, una rivolta che ebbe inizio nell’agosto del 1565 a seguito degli sviluppi politico-matrimoniali orchestrati da Riccio, il quale, dopo aver soppresso la ribellione e sconfitto i suoi promotori, acquisì autorità esclusiva nel concedere il perdono regio, un potere di enorme rilevanza nell’ambito del governo e della giustizia.

La sua attività politica fu spesso ricompensata. L’ultima manifestazione di appoggio regale furono i progetti volti a nominarlo barone di Melville Castle, decisione in cui si devono ricercare le vere cause dell’assassinio del marzo 1566, riccamente descritto in ogni opera che tratti il tema.

È altresì rilevante menzionare il “mito stuardo”, un prodotto letterario di natura propagandistica e agiografica, al quale Federigo della Valle (1530-1628), anch’egli originario di Asti, contribuì come uno dei suoi fondatori. La prima versione del suo dramma La reina di Scotia, di cui si conserva solamente una copia manoscritta, enfatizzava gli elementi sabaudi della vicenda, riservando una particolare attenzione a Davide Riccio e al suo associato Moretta. L’accesso a questo manoscritto potrebbe risultare fondamentale per una comprensione più approfondita della figura politica di Riccio, consentendo di superare definitivamente l’immagine del semplice cortigiano favorito dal destino e di inserirlo tra i ranghi de “Les Italiens”, coloro che fin dal XVI secolo hanno contribuito a diffondere l’italianità, nelle sue varie forme, in Europa.

Antonio Antico


[1] A, Labanoff, Lettres, instructions et mémoires de Marie Stuart, reine d’Écosse, Vol. VII, Charles Dolman, Londra, 1844, p. 79