Borders and the Politics of Space in Late Medieval Italy. Milan, Venice and their Territories. Presentazione del volume di Luca Zenobi (Milano, 21 marzo 2024)

Il 21 marzo 2024, nell’ambito della terza edizione del ciclo di seminari Storia Medievale: metodi e ricerche, organizzato dai docenti Maddalena Moglia, Fabrizio Pagnoni e Giacomo Vignodelli, è stato presentato il recente volume di Luca Zenobi (British Academy Post-Doctoral Fellow presso l’Università di Edimburgo): Borders and the Politics of Space in Late Medieval Italy. Milan, Venice and their Territories (Oxford University Press 2023). A discuterne, presente l’autore, la professoressa di storia moderna Alice Raviola e i professori di storia medievale Francesco Somaini (Università del Salento) e Hitomi Sato (Università di Kyoto). Il libro, frutto anche del lavoro di ricerca svolto da Zenobi durante il dottorato presso l’Università di Oxford, esplora il concetto di confine nel Basso Medioevo partendo dall’analisi della frontiera tra i territori del Ducato di Milano e quelli della Repubblica di Venezia. Studiando come i confini fossero concepiti, costruiti e vissuti in questo periodo, l’autore mostra come allora, a differenza di quanto oggi generalmente si pensi, i confini non fossero incerti, come la loro creazione fosse raramente un processo top-down e come lo spazio fosse plasmato più dalle comunità che dagli stati.

Nel suo intervento, soffermandosi in particolare sulle valli bergamasche nel momento del loro passaggio nella sfera di influenza di Venezia, Zenobi ha spiegato come i confini tra stati non fossero definiti da linee tracciate più o meno arbitrariamente, ma da elenchi di comunità con confini già ben definiti. Questi non erano vaghi, porosi o in continuo cambiamento, ma frutto di un grande lavoro da parte di ogni comunità. I confini tra stati erano quindi composti dai confini delle diverse comunità, assunte come unità di riferimento, come dimostrato anche dallo studio delle mappe dell’epoca, cui è dedicato un capitolo del volume. Infatti, in quanto rappresentazioni visuali dei confini, le mappe permettono di visualizzare lo spazio ma anche di vedere come la società dell’epoca percepisse questo spazio.

Il professor Somaini ha scelto di riflettere sul volume a partire da alcuni aspetti specifici. Innanzitutto ha sottolineato come nello stesso periodo potessero coesistere diverse concezioni di spazialità (e di confini): se infatti nel 1428 per la pace di Ferrara il cardinale Albergati, mediatore tra Milano e Venezia, ragionava ancora per contadi cittadini (ormai smembrati), facendo quindi riferimento ad una geografia mentale superata dalla storia, per la pace di Bisceglie del 1462 tra il re di Napoli e il principe di Taranto, signore feudale ribelle, il confine tra i territori fu definito tracciando una linea.

Ha evidenziato poi come i contemporanei non considerassero i confini come definiti e stabilizzati una volta per tutte, ma come, non potendo certo immaginare che la pace di Lodi avrebbe fissato la geografia politica dell’Italia in schemi che sarebbero rimasti pressoché invariati per secoli, essi considerassero e percepissero quegli assetti come provvisori e la loro risistemazione una strada sempre percorribile.

Infine, ha difeso la validità del concetto di semplificazione applicato al progressivo affermarsi di una geografia di potenze grosse, ricordando anche come questo processo incontrasse resistenze pronte a sfociare in vere e proprie ribellioni come quella dei Rossi di Parma contro Ludovico il Moro. 

La professoressa Sato ha invece concentrato la sua attenzione sul rapporto tra confini, spazio e mobilità. Se da un lato lo Stato cercava di imporre il proprio controllo sulla mobilità, dall’altro in assenza di quest’ultima esso non avrebbe avuto la possibilità di esercitare quel controllo: questo ambiguo rapporto determinava politiche di apertura dei confini, in contrasto con l’idea di una loro caratteristica porosità. Facendo poi riferimento agli studi di Vincent Kaufmann e al suo concetto di mobilità come capitale, quindi come possibilità di accedere alla capacità di muoversi (in una dimensione sia spaziale che cetuale), ha individuato nei raccomandati della pace di Lodi (ad esempio) i detentori di questi capitali, che potevano comprendere anche infrastrutture e reti personali. L’agire contro il potere centrale di incanalamento della mobilità rappresentava invece l’altra faccia del controllo da parte delle autorità centrali.

La professoressa Raviola, avendo molto apprezzato l’attenzione rivolta nel volume alle fonti iconografiche e portando all’attenzione del pubblico presente una carta di metà Cinquecento del confine tra Milano e il Monferrato, ha notato come fosse comune ricorrere ai fiumi per dividere i territori e segnarne i confini. L’importante ruolo svolto dall’elemento naturale suggerisce poi ulteriori ricerche al confine con la storia ambientale, ad esempio sulle pratiche manutentive dei corsi d’acqua (ma non solo, come proposto da Gabriele Balbi e da Roberto Leggero)[1], utili anche al fine di mantenere le risorse che su un particolare confine insistevano.

Riprendendo la parola, Zenobi è tornato su alcuni degli elementi emersi negli interventi. Oltre a rivelare l’esistenza di un capitolo dedicato proprio alla storia ambientale, escluso però dal testo definitivo del volume, l’autore ha ribadito come all’epoca i confini non si fossero stabilizzati e come il tessuto spaziale non fosse andato incontro ad una semplificazione, come dimostrato ad esempio dal fatto che i Rossi di Parma fossero ancora signori. Concludendo, ha auspicato la creazione di carte per dominazioni sovrapposte (come quelle dell’impero) che possano aiutare a visualizzare la geografia del tempo riproducendone la complessità.

Lucia Demichelis


[1] G. Balbi, R. Leggero, Communication is maintenance: turning the agenda of media and communication studies upside down, in «H-ermes. Journal of Communication», n. 17 (2020), pp. 7-26.