Colloquia Clio: “Immagini della Grande Guerra. Usi e riusi dei sacrari militari italiani dal Fascismo alla Repubblica”, conferenza di Hannah Malone (Milano, 24 gennaio 2024)

Mercoledì 24 gennaio 2024 si è svolta presso l’Aula 309, in Via Festa del Perdono, la conferenza dal titolo Immagini della Grande Guerra. Usi e riusi dei sacrari militari italiani dal Fascismo alla Repubblica, tenuta dalla Prof.ssa Hannah Malone dell’Università di Groningen.

Nell’incontro, la Prof.ssa Malone ha affrontato il tema dell’utilizzo di una peculiare tipologia di monumento, quella dei sacrari militari italiani, esponendo il differente approccio ed utilizzo riscontrati tra il ventennio fascista e l’epoca repubblicana, fino alle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra. Il tutto mediante l’importante supporto delle immagini, che hanno aiutato l’uditorio a comprendere la complessità del tema con esempi chiari e precisi.

Al termine della Prima Guerra Mondiale, l’Italia si trovava a fare i conti con l’ingente tributo pagato al conflitto: oltre 600.000 soldati avevano perso la vita, venendo seppelliti in cimiteri improvvisati o fosse comuni. Con l’avvento del regime fascista, Mussolini trovò questi luoghi di sepoltura insoddisfacenti, pertanto ordinò di costruire numerosi sacrari all’interno delle zone coinvolte dalle operazioni belliche, con una concentrazione geografica volta ad aumentare il potere simbolico dell’operazione. Ne furono costruiti circa una ventina tra il 1929 ed il 1939: i principali furono quelli del Monte Grappa e di Redipuglia, il più grande in assoluto con oltre centomila salme (di cui sessantamila di ignoti). Stili e forme furono assai variegati, dando spazio all’estro degli architetti all’interno di uno stile prettamente fascista. Le iniziative edilizie furono centralizzate a livello politico, con divieto ai privati di commemorare i caduti con propri monumenti. Il regime, infatti, voleva raggiungere obiettivi politici e culturali, comunicando messaggi legati all’integrazione della memoria bellica nel proprio universo ideologico.

La prof.ssa Malone ha dedicato ampio spazio al tema delle immagini, che divennero parte integrante delle operazioni di propaganda. Vi erano immagini decorative (dipinti, affreschi, mosaici, sculture, ecc.) a tema religioso e militare o che rappresentavano i sacrari stessi durante i lavori, le quali circolarono ampiamente in vari modi (cartoline, riviste, opuscoli) con l’intento di veicolare determinati messaggi: per il regime, infatti, i sacrari dovevano diventare luoghi di pellegrinaggio politico. Ai visitatori venivano vendute cartoline, prodotte da privati e militari; inoltre, venivano ospitati eventi immortalati da foto e video, con la presenza delle più alte autorità fasciste e, in alcuni casi, di Vittorio Emanuele III (ad esempio per l’inaugurazione nel 1935 del Sacrario del Grappa). Talora le immagini vennero fatte circolare mediante operazioni organizzate che diffusero in tutta Italia l’importanza simbolica di questi luoghi: il Touring Club Italiano produsse una serie di guide ai sacrari e l’Istituto Luce non lesinò sforzi per filmare i luoghi e le celebrazioni che vi si tenevano negli anniversari più importanti.

Le immagini furono importanti nella costruzione della memoria collettiva della Grande Guerra: la isolavano come un evento vittorioso e trionfante, e i sacrari dovevano preparare gli italiani a combattere nelle guerre future, propugnando i valori bellici. Un esempio in tal senso sono gli affreschi a Pasubio e Redipuglia, che rappresentano i soldati come modelli di obbedienza al regime.

Il fascismo si appropriò e sfruttò il linguaggio e l’iconografia cattolica e anche il clero svolse un ruolo importante. A Redipuglia, la grande scalinata, in una sorta di pellegrinaggio ai caduti, porta alla cima dove 3 croci rappresentano il calvario dei caduti, connotati come “esercito di anime risorte”, pronti a seguire i comandanti in battaglia per difendere i confini: per ben 880 volte si ripete la parola “presente”, che richiama il rituale fascista dell’appello.

Passando ad analizzare la situazione successiva alla seconda guerra mondiale, la Prof.ssa Malone ne ha mostrato le continuità e le rotture che sono intervenute nell’uso dei sacrari. Alcuni simboli fascisti furono eliminati, ma nel complesso i sacrari non conobbero grandi cambiamenti, mentre mutò la loro funzione: continuando ad essere visitati da turisti e associazioni militari, quei luoghi divennero simboli di pace, piattaforme per altre battaglie politiche in un contesto di cittadinanza democratica e repubblicana. I sacrari rivestirono anche un ruolo ufficiale a livello istituzionale, con Redipuglia che venne utilizzato ogni anno per le commemorazioni ufficiali in occasione del 4 novembre. L’Istituto Luce continuò a filmare l’evento fino alla metà degli anni cinquanta, con linguaggi e tecniche molto simili a quelle utilizzate durante il fascismo: una certa continuità si riscontra anche nella retorica discorsiva, tuttavia si inizia a parlare di pace e non più di guerra, i caduti sono gradualmente dipinti come vittime più che come eroi.

Da ultimo, è stato affrontato il ruolo dei sacrari nel terzo millennio. Tra il 2014 e il 2018 numerose commemorazioni per il centenario della Grande Guerra hanno visto i sacrari svolgere un ruolo importantissimo, con una messa celebrata dal Papa e l’ingente cifra di 100 milioni di euro stanziata dallo stato italiano per operazioni di restauro. Tuttavia, non sono mancati utilizzi per fini politici: nel 2018 il candidato premier per Casa Pound ha girato il proprio spot elettorale a Redipuglia, esortando a “difendere” l’Italia; nell’aprile 2018 anche Matteo Salvini si è fatto fotografare a Redipuglia intonando una preghiera per i ragazzi che difesero i confini. Il sacrario torna ad essere evocato da alcuni come difesa da una minaccia esterna, adattandosi ai bisogni della politica contemporanea. Un ulteriore esempio riportato dalla relatrice riguarda il video realizzato dal rapper Justin Owusu, sempre a Redipuglia, con polemiche sollevate da Forza Nuova e l’accusa di vilipendio delle tombe (anche se il testo non fa alcun riferimento al sacrario o ai caduti.

La prof.ssa Malone ha concluso evidenziando come i sacrari mostrino chiaramente l’importanza delle immagini per divulgare messaggi, espandendo il valore simbolico dei monumenti stessi. La stessa versatilità delle immagini è all’origine del mutato significato che il sacrario può rivestire, nel passaggio da un regime all’altro, da una stagione politica all’altra. Questa riflessione può essere estesa a qualsiasi monumento o edificio di valore culturale.

La relazione è stata seguita da un ricco dibattito, frutto di domande poste dal folto pubblico presente, studenti e docenti. In particolare, rispondendo alla prof.ssa Irene Piazzoni in merito alla comparazione con modelli provenienti da altri paesi, Malone ha identificato due modelli: la tradizione paesaggistico-cimiteriale (prevalente nei paesi democratici) e la tradizione architettonica (adottata dai regimi dittatoriali). Il Prof. Paolo Zanini ha richiamato l’attenzione sul rapporto con la Chiesa e l’eventuale impatto dei Patti Lateranensi, anche considerando il frequente utilizzo dei codici e dei simboli religiosi nella propaganda bellica. Altra questione interessante riguarda la specificità delle zone di confine, se si pensa che tre sacrari sono stati costruiti in Alto Adige per ricordare ai locali il passaggio allo stato italiano: un monito politico e simbolico, in modo da scoraggiare eventuali velleità separatiste e favorire l’italianizzazione.

Numerosi anche gli spunti portati dagli studenti. Tra i vari temi toccati vi sono stati: il parallelismo con la situazione in Unione Sovietica (dove vi sono dei sacrari, ma di dimensioni ridotte) e in Germania (con i Totenburg costruiti prima dell’avvento di Hitler, molto simili ai sacrari italiani, nonché cinque sacrari costruiti dai nazisti dopo il 1936 in territorio italiano, con una iconografia anti-italiana). È stato evidenziato anche il paragone con gli ossari risorgimentali, che il regime fascista non ha esitato a sfruttare nella sua politica del culto dei caduti, mentre la monarchia può essere definita come la “grande assente”, salvo rare eccezioni. Da ultimo, è stata fatta una riflessione sul ruolo futuro di questi monumenti: i restauri attuati in occasione del centenario della Grande Guerra hanno portato un incremento dell’afflusso turistico e della conoscenza dei sacrari militari, che si candidano a rivestire un ruolo di conoscenza storica e al tempo stesso di presenza nel discorso pubblico anche nei decenni a venire.

Francesco Taricone