Giovanni Brizzi, Roma contro i Parti. Due imperi in guerra, Carocci, Roma, 2022

Giovanni Brizzi è stato professore di storia romana dell’Università di Bologna, visiting Professor alla Sorbona, esperto di storia militare antica con un particolare interesse sulle guerre puniche. Le sue opere precedenti spaziano principalmente dall’età repubblicana (su Annibale in particolare) fino all’età imperiale e sono sempre in ambito militare.

Le fonti utilizzate hanno diversa natura partendo dalle classiche opere letterarie dei più famosi autori greco-latini (Plutarco, Cassio Dione, Plinio, Tacito) comparate tra loro, insieme a fonti di natura numismatica, epigrafica e papirologica. A tal proposito viene puntualmente espresso un pensiero dell’autore sulla spiegazione e sulle motivazioni di eventuali discordanze o lacune presenti nella loro analisi. Le fonti stesse sono puntualmente citate all’interno del testo e lo stesso vale per la grande quantità di bibliografia che utilizza.

Questo saggio non è esclusivamente di storia militare seppur la componente militare svolge un ruolo di primo piano all’interno dell’opera. Si pone come obbiettivo quello di analizzare il complesso rapporto tra i romani e i parti, partendo dai primi contatti avvenuti tra i due imperi. Tecnicamente Roma non è ancora un impero al tempo dei primi contatti (e delle prime campagne militari).

Nell’introduzione si concentra sull’ideale politico romano caratterizzato dalla virtus (inteso in senso generale come dovere verso lo Stato), che è ciò che permette a Roma di superare il modello della poleis e la ricezione di questi valori fuori dalla città. Sono anche presentate le vicende che portano a un cambiamento nella struttura dell’esercito e nel concetto del cittadino-soldato soprattutto dopo le riforme mariane della tarda età repubblicana che avvengono pochi decenni prima della nascita effettiva dell’impero.

L’intera opera ruota intorno alle relazioni che intercorrono tra i romani e parti, nella maggioranza dei casi di natura bellica ma anche, a volte, di natura diplomatica come nel caso del periodo di Augusto o delle buone relazioni che intercorrevano tra i parti e Vespasiano prima che diventasse imperatore.

Il primo capitolo risulta essere una sorta di seconda introduzione in cui viene analizzata la struttura dell’impero dei parti definita come uno Stato dai caratteri «feudali» ante litteram a causa della presenza di nobili che controllavano di fatto vaste porzioni del territorio con una forte autonomia.

Viene anche presentata la loro storia, le loro strategie di combattimento e la loro organizzazione militare. A tal proposito spiega nel dettaglio il ruolo giocato dai famosi catafratti a cavallo all’interno dell’esercito partico. Il ciò è utile per dare un contesto anche per la controparte Arsacide (dinastia dei parti regnante). In più vengono qui segnalati i primi contatti tra le due parti avvenute sui campi di battaglia di Magnesia nel 190 a.C. e poi un secolo più tardi a Tigranocetra dove in entrambe le occasioni gli eserciti avversari di Roma avevano alcuni corpi parti mercenari.

L’opera prosegue con una descrizione delle varie campagne che si sono susseguite a partire dal periodo tardo repubblicano fino al definitivo crollo dell’impero Arsacide.

L’analisi delle varie campagne passa dalla ricostruzione delle varie vicende, fatta attraverso le varie fonti a disposizioni. Per la lunghezza del periodo analizzato, ovvero circa due secoli, esse naturalmente cambiano e facendolo mutano anche i motivi che ci sono dietro. Per esempio, l’utilizzo di una fonte come Cassio Dione è ben diverso da quella di Frontone.

A livello geografico l’area è principalmente quella riguardante l’attuale Medio Oriente con la maggioranza delle operazioni militari che si svolgono nell’area della Mesopotamia (tra il Tigri e l’Eufrate) o in aree limitrofi.

Le campagne sono ricostruite con più dettagli possibili grazie a ciò che ci lasciano le fonti. Iscrizioni e monete unite alle fonti letterarie comunicano molto anche non solo sugli avvenimenti effettivi ma anche su tutta la propaganda che vi era dietro ogni campagna militare.

In queste ricostruzioni non mancano dei richiami all’idea che avevano i romani di questo conflitto e di come gli esiti spesso producevano importanti ripercussioni politiche come nel caso della celebre sconfitta di Crasso (e della sua morte) nella battaglia di Carre, la quale risulta essere anche la prima definibile come tale. Brizzi definisce Carre un punto di svolta per il futuro di tutte le campagne partiche, non a caso è una delle grandi sconfitte romane.

Un ruolo centrale, come emerge nelle varie vicende, lo gioca il regno di Armenia situato più a nord rispetto al confine in questione. Questo regno viene conteso a vicende alterne tra le due parti che cercavano di insediare sul trono un re amico (o cliente come lo definivano i romani) e spesso questa era causa di quella che oggi possiamo definire una escalation.

Vi sono anche alcuni capitoli importanti, che riguardano situazioni che a prima vista possono essere considerate secondarie ma che in realtà sono fondamentali per la comprensione totale degli avvenimenti, ovvero il rapporto che Roma aveva con le sue province, in questo caso quelle orientali.

Sarebbe altresì difficile da comprendere alcune scelte politiche e decisioni militari prese se non è chiara la situazione interna all’Impero romano. La rivolta giudaica prima, culminata con la distruzione del tempio di Gerusalemme con Tito nel 70 d.C., e le successive rivolte della diaspora sono fondamentali per capire appieno, per esempio, lo svolgersi della campagna di Traiano e del perché non sia riuscita a portarla a compimento fino in fondo (anche se il risultato è comunque una vittoria per Roma).

Il tema delle campagne militari giustamente come presenta l’autore richiede anche una attenta analisi degli antefatti, del casus belli per cui si arriva a uno scontro armato (ove effettivamente vi è) e infine una conclusione, spesso si terminava con un trattato.

Nel corso dei due secoli e più che presenta l’opera si avverte anche il cambiamento che nel frattempo avviene all’interno dell’impero. Diverse sono le concezioni nel fare la guerra ai parti da chi ora alla ricerca di una gloria personale, ora di un bottino o chi lo faceva per stabilizzare i confini dell’impero. Per esempio, Traiano e la sua politica definita aggressiva non era altro che un sperato, ultimo e risolutivo conflitto finale.

Roma riesce a conquistare gran parte del territorio senza incontrare di fatto una valida resistenza nemica, i parti rimasero passivi per tutto il conflitto.

Conquistata la Mesopotamia e varcato anche il Tigri poté creare la provincia di Assyria, ciò che impedisce a Traiano di portare a compimento una conquista finale fu un conflitto scoppiato nelle retrovie, all’interno delle province romane stesse. Infatti, la rivolta della diaspora ebraica esplose in tutto il sud-est del Mediterraneo creando ancora una volta pesanti conseguenze per Roma. La rivolta assorbe molte forze nel momento decisivo della campagna, la quale non può riprendere neanche successivamente per la morte di Traiano stesso nell’agosto del 117.

Durante il racconto delle varie campagne vengono anche presentati i vari cambiamenti nelle tattiche e strategie romane. L’autore anche si concentra sui cambiamenti dell’equipaggiamento militare e di come tutte queste modifiche vennero recepite dal soldato.

A volte le vicende orientali vengono legate con quelle occidentali, per esempio sotto Marco Aurelio e Lucio Vero si decide di attuare uno spostamento di truppe tra la parte occidentale e quella orientale con l’arrivo in oriente di figure illustri.

Questo serve all’autore per spiegare come le legioni orientali fossero diverse da quelle occidentali, ben inferiori e soprattutto molto meno motivate anche per ragioni che riguardano l’origine dei soldati e per l’ambiente in cui operavano. Fondamentale anche per dare una spiegazione per la fallita rivolta (pretesa imperiale) di Avidio Cassio che era stato colui che aveva guidato vittoriose le legioni nella campagna condotta sotto l’effige di Lucio Vero.

Non mancano anche riferimenti a illustri protagonisti non solo per il lato romano ma anche per quello dei parti.

Brizzi conclude in maniera credo forse troppo rapida l’opera con un fatto importante. Come già detto in precedenza la dinastia regnante dei parti viene sostituita. Infatti, forse già nel 212 Ardashir I si era assunto il titolo di re della Perside e attaccava l’allora sovrano Artabano V rifacendosi alle origini persiane e vedeva nella dinastia partica un’usurpazione.

Vincendo più battaglie tra il 224 e il 226 riesce a prendere il potere conquistando Ctesifonte e dando vita a un nuovo impero molto più forte e aggressivo nei confronti dei romani ovvero l’impero Sasanide. Questo nuovo impero sarà destinato a durare fino al suo definitivo crollo con l’invasione dell’Islam che porta un assetto politico nuovo in tutto il Medio Oriente.

Davide Governo