Livio Zerbini, Caligola, Salerno editrice, Roma, 2023

Livio Zerbini, professore di Storia Romana presso l’Università di Ferrara ed esperto del limes danubiano in epoca antica, è l’autore di una biografia sull’imperatore Caligola. Nella prefazione Zerbini riflette sulla rappresentazione di uomo folle e crudele che la storiografia antica e moderna ha dato di Caligola, e annuncia il suo obiettivo: restituire alla figura dell’imperatore la giusta dimensione e fisionomia non solo della sua personalità, ma anche del suo principato.

Per raggiungere tale obiettivo l’autore, nei primi due capitoli, illustra le fonti sia greche che latine disponibili per la vita di Caligola e racconta dei suoi genitori. Nel farlo dedica un’attenzione particolare al padre Germanico, che nelle fonti antiche è sempre riportato sotto una luce positiva. Tra le fonti spiccano i nomi di Svetonio e Tacito per i latini e Filone di Alessandria e Cassio Dione per i greci. Sono loro infatti i resoconti più completi sulla vita e personalità di Caligola.

Dopo questo primo inquadramento, Zerbini dedica alcuni capitoli agli anni precedenti l’ascesa al potere di Caligola, quindi alla sua infanzia e alla sua adolescenza. Nel farlo si sofferma sul peso psicologico che quei primi anni di vita dovettero avere sul giovane. Egli vide la sua famiglia soccombere alle trame di Seiano che, nel tentativo di raggiungere il potere, eliminò i fratelli maggiori e la madre di Caligola dal quadro politico e fisico di Roma.

A seguito di questi eventi Caligola fu accolto dalle donne superstiti della famiglia: Livia Drusilla e Antonia Minore, rispettivamente sua bisnonna e nonna. Secondo Zerbini fu nella domus di quest’ultima che Caligola venne in contatto con l’aspetto filorientale della famiglia paterna.

In seguito Caligola, su invito dell’imperatore, si trasferì a Capri dove Tiberio aveva posto la sua corte e sull’isola rimase fino alla morte dell’imperatore avvenuta nel 37 d.C. Zerbini sottolinea ancora una volta come per il giovane la permanenza a Capri debba essere stata rischiosa. Era infatti in un ambiente a lui ostile e in quegli anni morirono il fratello Druso e la madre Agrippina. Caligola dovette adattarsi alle condizioni, senza mai lasciar trapelare alcuna emozione.

Nei due capitoli seguenti sono descritti i primi mesi del Principato di Caligola e l’autore evidenzia le grandi aspettative che il popolo riponeva nel figlio di Germanico e come Caligola inizialmente avesse governato eliminando alcuni degli aspetti più invisi del potere del princeps,fra cui il crimine di lesa maestà. A fianco di queste considerazioni di carattere politico, fra cui la contesa con il cugino Tiberio Gemello per il trono, l’autore tratta anche del ritratto fisico e psicologico che gli autori antichi hanno lasciato di Caligola, usando in particolare Svetonio che ci ha trasmesso la descrizione più completa. Segue una breve descrizione dei rapporti che Caligola ebbe con le donne della sua vita, a partire da quelle della sua famiglia, come le sorelle, fino alle mogli, ne ebbe quattro, e alla sua unica figlia, Giulia Drusilla, che perì durante la congiura in cui fu ucciso suo padre.

A pochi mesi dall’inizio del suo Principato Caligola si ammalò gravemente, Zerbini illustra le varie ipotesi su che tipo di malattia fosse e su che effetti possa aver avuto su di lui. L’autore si sofferma sulla reazione degli astanti, fra chi pregava per la guarigione, facendo anche voto della propria vita, e chi invece pensava alla successione. Fra questi c’erano Macrone, il prefetto del pretorio, e Giunio Silano, senatore ed ex suocero di Caligola, i quali pensarono di preparare Tiberio Gemello ad ascendere al potere. La guarigione dell’imperatore si tradusse, in poco tempo, in una tragica fine per tutti e tre.

La ripresa dell’imperatore comportò anche un chiaro cambio di passo nel modo in cui governava. Zerbini mostra come gli episodi che gli storiografi antichi riportarono come di manifesta pazzia dell’imperatore non fossero altro che un segno della nuova politica di Caligola che mirava a un potere assoluto in stile orientale. Tale obiettivo si vede, come ha argomentato l’autore, prima di tutto in ambito religioso. A partire dal culto imperiale, in cui Caligola portò avanti una propria divinizzazione e assunse comportamenti in imitazione di Giove, fino alla restaurazione a Roma del culto di Iside che era stato bandito da Tiberio. Questo avvicinamento all’Egitto e ai sovrani ellenistici si nota anche nel cerimoniale di corte nel quale Caligola inserì la genuflessione.

Questi cambiamenti sconvolsero l’equilibrio che fino a quel momento c’era stato con i senatori e, come ha giustamente affermato Zerbini, misero fine al principato di concezione augustea in favore di una visione assolutistica del potere imperiale.

A questo nuovo modo di intendere il potere Zerbini affianca le spese pubbliche di Caligola, che offriva diversi spettacoli e giochi a beneficio della plebe, e un pregevole excursus sulle navi di Nemi che costituivano una sorta di continuo su acqua della residenza sul lago di Caligola e che gli sopravvissero.

Zerbini tratta poi della congiura del 39 d.C. e il modo in cui fu sventata da Caligola. Non ostante la scarsità di fonti è importante notare come questa congiura avesse coinvolto tanto un membro del Senato, Marco Emilio Lepido, quanto un esponente dell’esercito, come dimostra la partecipazione di Getulico, governatore della Germania Superiore, e persino la famiglia stessa dell’imperatore, le due sorelle superstiti furono infatti esiliate per la loro adesione.

L’autore si concentra poi sulla politica estera di Caligola, a partire dalle campagne militari in Germania e Britannia. Interessante è la teoria per cui questi due tentativi di invasione militare non siano stati dei fallimenti, come sostiene la storiografia antica, ma piuttosto volutamente condotti in quella maniera. Nel caso della Germania la manovra militare corrisponde al periodo della congiura del 39 d.C. in cui, secondo Zerbini, Caligola finse di voler prendere l’offensiva contro le tribù della Germania per poter invece sorprendere Getulico. Il risultato fu duplice: da una parte sventò la congiura, dall’altra ricacciò indietro alcune tribù che avevano superato il limes. Nel caso della Britannia si tratta invece, secondo l’autore, di una sorta di avvertimento nei confronti dei re alleati dell’isola che stavano rinnegando i patti con Roma. Il dispiegamento delle forze sarebbe servito a fare da deterrente ai Britanni ricordando loro di che cosa era capace l’Impero romano. Dunque, non sintomi di pazzia, come denunciano gli antichi, quanto piuttosto delle scaltre mosse politiche.

Diverso fu l’atteggiamento di Caligola nei confronti dei regni vassalli d’Africa e d’Oriente che videro una nuova configurazione sotto il suo regno. In Africa il regno di Mauretania, andò incontro a una provincializzazione dopo l’eliminazione del suo sovrano, in Oriente Caligola rinstaurò alcuni regni vassalli. 

Zerbini considera poi la congiura del 41 d.C. che pose fine alla vita di Caligola. L’autore descrive i piani dei congiurati e cerca di risalire alle possibili identità di tutti coloro che vi furono coinvolti servendosi in particolare del resoconto di Flavio Giuseppe. La decisione di uccidere l’imperatore viene ricondotta a quella politica assolutistica che Caligola stava portando avanti e che avrebbe danneggiato il potere e il prestigio, non solo del Senato, ma anche dei pretoriani che trovarono così un punto d’incontro.

Nel far luce sui fatti Zerbini cerca una spiegazione per lo sterminio della famiglia di Caligola, ossia della moglie e della figlia. L’autore ci informa del modo in cui Flavio Giuseppe riporti che la decisione di ucciderle fu presa da Cassio Cherea che vedeva in loro una minaccia per Roma e per le leggi. Zerbini sostiene che l’eliminazione sarebbe stata resa necessaria dal fatto di doversi assicurare che nessun familiare di Caligola potesse salire al potere attraverso le due congiunte.

Zerbini, prima di ricostruire gli avvenimenti che seguirono la morte di Caligola, fa una breve considerazione sulla supposta pazzia dell’imperatore. Per prima cosa l’autore chiarisce come l’accusa di follia servisse a delegittimare Caligola e il suo potere. Arma di cui la storiografia senatoria si servì senza remore e in più occasioni nella storia di Roma. D’altra parte Zerbini nota che, se si dovesse diagnosticare Caligola con i metodi di oggi e le descrizioni degli storiografi, il suo profilo psichico sarebbe ascrivibile a quello di una persona con disturbo della personalità più che a un vero e proprio folle. Al contempo Zerbini difende quei comportamenti che hanno consegnato Caligola all’etichettatura di folle come del tutto comprensibili date le circostanze in cui il giovane si ritrovò a vivere a partire dai sette anni. In sostanza Zerbini rifiuta l’ipotesi secondo cui Caligola fosse clinicamente pazzo, ma afferma che i suoi comportamenti fossero in parte frutto di un’eccessiva sicurezza nel suo potere.

L’autore tratta poi delle immediate conseguenze della morte di Caligola e mette bene in rilievo il ruolo di primo piano che ebbero i pretoriani nella scelta di Claudio, zio paterno di Caligola, come successore. Zerbini ipotizza che i congiurati non si fossero posti il problema di avere un successore pronto e che il Senato volesse approfittare del vuoto di potere per tentare un ritorno alla res publica. In questo frangente si sarebbero inseriti i pretoriani che per garantirsi il continuo del loro potere avrebbero scelto Claudio, prediligendo una continuità di sangue con i precedenti princeps, e sottraendolo alle ingerenze senatoriali portandolo nella loro caserma per la notte.

L’ultima parte del libro è dedicata a Claudio e a come gestì le conseguenze della congiura, chi punì tra i congiurati, come rinsaldò i legami con il senato e un breve excursus sul suo principato.

Particolarmente utili all’interno del volume sono la cartina geografica, che rappresenta l’ecumene romano, e l’albero genealogico paterno di Caligola, attraverso cui è possibile seguire l’intreccio di parentele.

Livia Emilia Dorotea Spolidoro