Massimo Scarinzi – Ruggero-Russo, Il calcio in tv (Lupetti Editore, 2017)

Christian Ruggiero-Pippo Russo, Il calcio in tv. Storia, formati, ibridazioni, Fausto Lupetti Editore, Bologna, 2017. 

«Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio». Così lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano raccontava e celebrava la potenza del football. A oltre 160 anni dal calcio d’inizio della prima gara ufficiale di cui si ha memoria, giocata a Sheffield, in Inghilterra, in un freddo pomeriggio di Santo Stefano del 1860, Pippo Russo e Christian Ruggiero riflettono su questo sport che è diventato, di gran lunga, il più popolare al mondo.    

Il libro è una raccolta di undici saggi in cui viene indagato il rapporto tra calcio, comunicazione, società e soprattutto, in una prospettiva diacronica, il legame tra calcio e mezzi di comunicazione attraverso i contributi di studiosi e professionisti del settore. L’approccio storico, o più correttamente di storia sociale dei media, è la strada che i due curatori, Pippo Russo, docente di sociologia dello sport presso il dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Firenze e Christian Ruggero, ricercatore in sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il dipartimento di comunicazione e ricerca sociale dell’Università Sapienza di Roma, hanno scelto di percorrere attraverso l’analisi dei formati televisivi.  

Il volume può essere diviso essenzialmente in tre parti: un’introduzione in cui gli autori si interrogano sul rapporto tra calcio e cultura, sul binomio comunicazione/sport e, in generale, sulle società sportive e le trasformazioni portate dall’evoluzione dei media; una seconda parte caratterizzata dall’evoluzione del racconto calcistico e dei suoi format; nei lavori conclusivi vengono invece affrontati i temi legati alla credibilità e alla responsabilità sociale dei giornalisti sportivi.   

L’introduzione dell’opera è affidata a Barbara Baffi con un’analisi su Calcio e tv: apoteosi del binomio comunicazione e sport dove si traccia la relazione tra calcio, società e costume insieme allo sviluppo dell’industria mediatica correlata allo sport e alle logiche sempre più imprenditoriali che indirizzano le manifestazioni sportive. Baffi si sofferma a lungo sul concetto di calcio come religione che progressivamente sostituisce usi e credenze. Prende le mosse da alcuni classici, come Durkheim, che hanno visto sempre più nel calcio una forma di religione laica. Le analogie, sosteneva il sociologo francese, sono moltissime: la condivisione di una fede tra tifosi che significa «calore, vita, entusiasmo, esaltazione e trasporto dell’individuo al di sopra di sé stesso».  

Una riflessione condivisa anche nel saggio successivo da Francesco Giorgino, popolare anchorman del Tg1-Rai, che introduce il tema del rapporto tra calcio e società in Modelli di comunicazione e strategie di marketing nel calcio partendo da Coles e dalla sua idea di calcio come “religione surrogata” e da Alois convinto sostenitore del football come pseudo-religione, di carattere universale, priva di un dio ma capace di divinizzare l’uomo. E, in fondo, Giorgino ricorda anche il pensiero di Auge che vedeva negli stadi delle moderne cattedrali, nel pallone una fede, nelle squadre dei totem che alimentano desiderio di adesione e appartenenza a una comunità. 

I contributi successivi si concentrano invece sul lungo viaggio del calcio in televisione che inizia con la messa in onda della Domenica Sportiva sui canali Rai, la sera dell’11 novembre 1953 e arriva ad oggi attraverso numerose “rivoluzioni” tecnologiche e di settore: l’avvento della tv commerciale, il passaggio da trasmissione analogico a digitale, la pervasività dei social media, la centralità del calciatore sempre più legato a logiche di marketing e di profitto sia dentro che fuori dal campo.  

Un viaggio raccontato in C’era una volta la diretta. Storie e teorie attorno al calcio televisivo di Paola Abbiezzi che focalizza la sua riflessione sui cambiamenti avvenuti al pallone in televisione, in modo particolare dagli anni’80. Dalle rigide telecronache e immagini offerte dalla Rai si passa alla televisione commerciale che fa il suo ingresso prima con l’offerta televisiva di moltissime micro-emittenti locali sparse su tutto il territorio italiano, quindi con l’arrivo di Fininvest che, secondo Abbiezzi, porta con sé una rivoluzione del prodotto. 

«La tv non si limita più alla diretta dell’evento sportivo – spiega Abbiezzi – il suo linguaggio impone montaggi, rielaborazioni lente o veloci a seconda delle esigenze». Attorno all’evento sportivo nascono trasmissioni di approfondimento e una ricca programmazione che fa dell’evento sportivo il culmine dell’offerta televisiva. 

La rivoluzione degli ultimi anni non ha interessato solo l’offerta televisiva, la qualità delle immagini e la modalità di trasmissione. A cambiare sono stati anche i linguaggi. Come sottolinea Pippo Russo nel suo scritto Potere alla parola: note sull’evoluzione dei format del calcio in tv, i racconti delle partite e delle trasmissioni che orbitano intorno agli eventi sportivi sono profondamente rivoluzionati. Una trasformazione che – spiega Russo – «ha ridato forza alla parola e al suo potenziale generativo di spettacolo televisivo dove il telecronista si vede regalare lo spazio per un nuovo protagonismo». Gli stessi telecronisti diventano a loro volta delle star, dei personaggi, «il racconto della partita diventa una performance non meno importante della partita stessa». La parola torna quindi ad imporsi nel racconto del calcio e lo fa nella cornice di un medium che pareva esserle avverso perché basato sul primato dell’immagine. Il telecronista non solo mette un’enfasi nuova ma è accompagnato sempre da una seconda voce: un allenatore, un ex giocatore, un dirigente sportivo che offre allo spettatore un punto di vista tecnico preparato e originale.   

I saggi conclusivi sono invece dedicati alla spettacolarizzazione dell’atleta, al cambiamento progressivo dei talk televisivi e, in generale, all’approccio giornalistico. 

Pippo Russo in Sportainment: la polarizzazione del racconto calcistico in tv fra sport e spettacolo riflette sulla trasformazione dei calciatori che spinge a privilegiare «la produzione di spettacolo rispetto alla performance» e la necessità commerciale di attrarre al football e allo sport in tv anche una vasta fascia fino a quel momento esclusa: quella del pubblico femminile. In origine – spiega Russo – furono le Olimpiadi di Atlanta del 1996. Nbc, broadcaster della manifestazione pagata ben 456 milioni di dollari, cifra record per l’epoca, decise di confezionare 135 documentari biografici degli atleti, con particolare attenzione alla dimensione personale. Un modo per provare ad attirare un pubblico differente e spesso lontano dall’audience degli eventi: le donne. Prima di compiere un record olimpico indimenticabile ecco allora lo stacco della regia sulla vita del campione che, a volte, costringe addirittura la performance ad una leggera differita. Una pesante azione di manipolazione simbolica che, per Russo, sancisce in via definitiva «il primato dello spettacolo e delle strategie di spettacolarizzazione rispetto alla dimensione agonistica». Un processo di «narcisizzazione» dove l’atleta «diventa personaggio alla stregua di un divo del cinema o della musica pop». Secondo Russo è David Beckham la vera figura spartiacque, ex capitano della nazionale inglese, giocatore di grande talento ma anche marito della pop star Victoria Adams. Una coppia che mescola, in modo nuovo e con un interesse planetario, i confini tra calcio e star system televisivo. «Il fenomeno agonistico – conclude Russo – continua a mantenere la propria specificità ma serve che venga rimodellato secondo logiche di contenuti capaci di soddisfare le esigenze di un pubblico più vasto». Alla dimensione agonistica se ne aggiungono altre, ugualmente importanti, in termini di costruzione dello spettacolo e di una sua diffusione su larga scala.  

Arrivati al termine di questo lungo percorso non è facile delineare una conclusione lineare dell’opera. I saggi presentano un grado di complessità vasto, difficile da ricondurre ad unità. Molti gli argomenti trattati, secondo una scelta editoriale che prende in considerazioni molteplici e, forse, troppi campi. La riflessione tocca economia, politica e società, cultura popolare, moda e comunicazione in modo originale, interessante ma talvolta così ricco da generare confusione. La cronologia degli eventi, il tempo che resta sullo sfondo non è sempre chiaro: è un tempo sospeso che talvolta manca di segnare i momenti di cambiamento, di frattura, le linee di faglia. 

Massimo Scarinzi