Marco Colella, La corona e l’oltremare: i viaggi del re in epoca fascista, tesi di laurea triennale in Storia, relatore professor Marco Cuzzi, Dipartimento di Studi Storici, Università degli Studi di Milano, a.a. 2021/2022
La ricerca propone un’analisi del rapporto tra Corona, Oltremare e Fascismo attraverso lo studio dei viaggi istituzionali di Vittorio Emanuele III nelle colonie italiane. L’obiettivo è quello di riconsiderare criticamente la centralità istituzionale della massima carica dello Stato, messa in ombra dalla macchina mediatica fascista, cercando di sottolineare come venne strumentalizzata dal regime per promuovere la propria politica imperiale.
L’elaborato è strutturato su tre capitoli, il cui primo si propone di offrire una panoramica generale dei rapporti politico-economici tra Corona e Oltremare in epoca post-unitaria e crispina, nel contesto nazionale ed europeo. A partire dall’iniziale penetrazione economica nella baia di Assab nel 1869 grazie a Giuseppe Sapeto e alla compagnia del Rubattino (con il benestare del Regno Unito), l’elaborato tenta di ricostruire, in questa prima parte del capitolo, la lenta e difficile costruzione di un impero d’oltremare che rispondesse ai prestigiosi modelli della Belle époque.
L’ambizione politica di Francesco Crispi, tutta focalizzata sull’impresa coloniale e suffragata da Umberto I e dalla regina Margherita, sono stati la prima spinta imperialista del neonato Stato italiano. Quest’ultimo uscì però sconfitto e disilluso, con la disfatta di Adua, dalla competizione coloniale delle potenze europee, ormai avviate alla chiusura dello scramble for Africa. Su quest’umiliazione internazionale fece leva, quasi trent’anni più tardi, il revanscismo fascista. La seconda parte del capitolo vuole mettere in risalto il rapporto tra intellettuali e Africa, focalizzandosi sull’immagine del continente che venne importata in Italia dai redattori delle più facoltose testate italiane (es. La Tribuna, Il Secolo, il Corriere della Sera ecc.), dai romanzieri come Emilio Salgari, dalle opere monumentali sulle guerre africane come quella di Giuseppe Piccinini, dalle riviste di natura economica come L’Esploratore di Manfredo Camperio. Su tutto questo, senza trascurare la nascita dei circoli coloniali, poggiò la percezione dell’Oltremare da parte della popolazione italiana nei decenni a venire.
Il secondo capitolo dell’elaborato rappresenta il punto focale della ricerca. Dopo una breve introduzione sul ruolo della monarchia rispetto alla propaganda coloniale negli anni dell’Italia giolittiana, e i freni della Corona in merito ad un’eccessiva esposizione mediatica, l’elaborato si focalizza sui viaggi del re in Libia, Dodecaneso, Eritrea e Somalia. Il dato che colpisce è quello della periodizzazione: sebbene le colonie italiane vennero ufficializzate come possedimenti già sul finire del XIX secolo, solo dal 1928, in pieno regime, Vittorio Emanuele III si decise a viaggiare in queste terre, ed ogni occasione per celebrarne l’italianità divenne centrale: archeologia, economia, storia, turismo diventarono tutti elementi legittimanti e legittimati dalla sola presenza del re. Vittorio Emanuele, infatti, vi si recò per motivi specifici: un esempio su tutti è costituito dalla Libia, considerato possedimento italiano dal 1911. Eppure, a quella data non fu che una piccola parte della costa della Tripolitania ad essere effettivamente controllata dalla Corona: nel 1928, nel 1933 e nel 1938 re Vittorio prese il largo per sancire la progressiva pacificazione di questi territori, ottenuta per mezzo di una brutale repressione delle popolazioni autoctone da parte del regime.
Tra tutti i viaggi, un grande assente: l’Etiopia, oggetto della trattazione del terzo e ultimo capitolo, dove l’elaborato sottolinea la natura delle crescenti tensioni tra Corona e Regime. La diarchia istituzionale, infatti, cominciò a mostrare fessure proprio in virtù della guerra d’Etiopia e della questione del maresciallato: un titolo, quello di Primo Maresciallo dell’Impero, condiviso dal re e dal duce, scavalcando le prerogative costituzionali di Casa Savoia. A esporsi furono le donne della famiglia reale: la regina Elena, con il discorso per la “Giornata della Fede”, e Maria Josè, volontaria della Croce Rossa in Etiopia.
Per la stesura dell’elaborato ci si è avvalsi del supporto della bibliografia più recente e non sul tema: tra questi, centrali sono stati i volumi di studiosi come Nicola Labanca, Angelo Del Boca, Simona Troilo, Emilio Gentile, Paolo Colombo e Renzo De Felice. Altrettanto centrali sono state le fonti primarie, necessarie data la specificità del tema e la scarsa letteratura in circolazione in merito ad esso: l’Archivio storico dell’Istituto Luce ha permesso, assieme gli archivi delle testate giornalistiche (in testa il Corriere della Sera e La Stampa), di comprendere la progressiva fascistizzazione mediatica di questi viaggi, con il re sempre più dipendente dalle dinamiche propagandistiche del regime. Le carte conservate all’Archivio Centrale dello Stato di Roma hanno concesso di operare una chirurgica vivisezione degli itinerari di viaggio, permettendo la raccolta di informazioni all’epoca riservate, ma cardinali per capire la natura intrinseca delle escursioni reali.
In conclusione, si vuole sottolineare quanto il lavoro di ricerca qui presentato abbia permesso di evidenziare la centralità dell’istituto monarchico nel suffragare l’impegno coloniale in autonomia dal regime, nonostante quest’ultimo sia riuscito infine a servirsene in maniera magistrale per la sua propaganda imperiale, evidenziando un intreccio tra istituzioni, governo e politica estera che ha caratterizzato una delle tante sfaccettature del Ventennio.