Jack Hartnell, Corpi medievali. La vita, la morte e l’arte, Einaudi Torino, 2019 (traduzione di Luca Bianco)

Jack Hartnell insegna Storia dell’Arte presso l’Università della East Anglia a Norwich. In precedenza ha ricoperto incarichi alla Columbia University, al Courtauld Institute, al Max-Planck-Institute e al Victoria and Albert Museum di Londra. Nel suo volume Corpi Medievali. La vita, la morte e l’arte affronta quella che era la vita e la percezione corporea che gli uomini nel medioevo avevano di essa.  Nel volume le tesi dell’autore, supportate da documenti dell’epoca, sono accompagnate da un consistente inserto iconografico, che arricchisce la lettura. Questa presenza risulta visibile sin dalla copertina dell’opera, dove viene riportato un particolare del manoscritto La Fisionomia di Rolando (secolo XV).

Sin dal primo capitolo, che fa anche da introduzione al testo stesso, si entra in contatto con una percezione diversa della corporalità propria degli uomini del medioevo. L’autore cerca sin da subito di sfatare il mito del medioevo come periodo buio: «È uno stereotipo che si sente ripetere spesso: negli anni che vanno, all’incirca, dal 300 al 1500, la gente abitava in un tempo che oscillava tra Braveheart e The Black Adder, in un mondo di povertà e ignoranza generalizzate, e viveva in condizioni di miserabile squallore all’unico scopo di fare la guerra in una paurosa oscurità. Un millennio inutile, anno più anno meno» (p. 5). Questo commento ironico di Hartnell ci induce a una riflessione su più fronti. Se da un lato la concezione illuminista ci ha indotti alla credenza oramai diffusissima che il medioevo fosse un’epoca buia e fredda, di guerre e carestie; dall’altro non sorprende come i non esperti di storia medievale possano sentirsi lontani emotivamente, oltre che temporalmente, da un periodo storico che, in realtà, ci appartiene di più di quanto possiamo immaginare. Questo libro ha in questo senso una doppia valenza in quanto può essere usato dagli storici come ottima analisi per approfondire i temi presenti, ma può e deve essere consigliato a chi, come molti, è rimasto vittima di una visione semplicistica, se non proprio errata, del medioevo stesso.

Comprendiamo dunque come negli oltre mille anni che ancora ci ostiniamo a chiamare Medioevo (ma che alcuni studiosi iniziano a vedere come un insieme di più epoche) vi fosse una conoscenza medica e artistica spiccata, la quale tuttavia entrava sempre in contatto e quasi mai in conflitto con una spiritualità che, come ben sappiamo, permeava quei secoli. Ogni parte del corpo umano risultava essere in parte una “roccaforte”, quindi indipendente e pensabile come un unicum, ma che al contempo era sottoposta a una visione d’insieme che riguardava ogni singolo anfratto del corpo stesso. Non ci stupisce, dunque, che il medioevo fosse quel periodo dove gli organi dei santi e il loro sangue venivano conservati, attribuendogli sulla base di studi più teologici che scientifici, poteri curativi o salvifici.

Il libro si struttura come un’analisi anatomica del corpo umano organo per organo (o gruppo per gruppo), mostrando come vi sia un’attenzione al singolo elemento il quale, però, è sottoposto sempre a una correlazione tra le varie parti del grande sistema corporeo. Troviamo in sequenza i capitoli Testa, Sensi, Pelle, Osso seguiti da Cuore, Sangue, Mani, Stomaco, Genitali, Piedi e infine Corpi Futuri.

Ogni singolo capitolo analizza vari temi. Il secondo, Testa, presenta al suo interno dei sottocapitoli che affrontano il tema della follia partendo dallo squilibrio presunto dei Cervelli presenti nella testa e la stretta correlazione che gli uomini medievali pensavano ci fosse con la follia stessa. Qui emergono interessanti correlazioni che gli uomini dell’epoca pensavano ci fossero tra la pazzia e la calvizia, la politica e le decapitazioni. Allo stesso modo nel capitolo Sensi si cerca di spiegare in che modo i sensi venissero “percepiti” in chiave scaramantica o teologica, partendo ancora una volta da studi che non avevano alcuna base scientifica.

Il capitolo forse più interessante è quello dedicato ai Genitali, poiché si sfata il mito secondo il quale gli uomini medievali non parlassero della sfera sessuale e di tutto ciò che fosse legato ad essa. Come ben comprensibile, soprattutto in questo ambito, era presente (qui sì, entrando in conflitto) una chiave di lettura teologica. Lo stesso parto viene desessualizzato: «Il grembo era un santo forno in cui Cristo era stato incubato, un’arca venerata che custodiva un carico prezioso, o ancora un portale attraverso il quale Cristo entrava nel mondo» (p. 257). Successivamente Hartnell prende in analisi un tema poco dibattuto, ossia le mestruazioni. Il sottocapitolo Segreti femminili, è una rassegna delle credenze più disparate che aleggiavano attorno al sangue mestruale. Si riteneva che questo potesse da un lato avvelenare fiumi, rovinare raccolti e addirittura corrodere il ferro, e dall’altro che avesse potere magico. Significative a questo proposito risultano le testimonianze di processi a donne che avevano cercato di creare filtri d’amore con il proprio sangue. Le donne dell’epoca venivano inoltre classificate dai medici in base proprio al flusso di sangue mestruale: «Una donna robusta con flussi copiosi e rossastri si sarebbe rivelata prudente e casta, una donna con un flusso abbondante di sangue con sfumature tendenti al blu tendeva invece alla volubilità e sarebbe stata più felice senza un marito» (p. 261). Grande problema per tutto il medioevo, vista l’alta mortalità che il parto comportava, era quello di nascite indesiderate. Nello stesso capitolo Genitali, sono riportati incantesimi o formule con le quali le donne avrebbero potuto abortire senza dolore o addirittura proteggersi da rapporti futuri.

Una cosa è certa: Corpi Medievali, più che una semplice analisi di un tema, cosa che peraltro fanno gli storici, è un tentativo, a mio parere ben riuscito, di far emergere le qualità e la quotidianità del pensare e del vivere degli uomini e delle donne nel medioevo. Dico “emergere” per un motivo molto semplice ma che è uno dei punti di forza del testo. Hartnell aveva ben chiaro che si riesce a far immedesimare il lettore nel testo solo se questo è già interessato al periodo o ai temi in questione. Quello che è stato fatto è ben diverso in quanto l’opera non porta il lettore verso di sé, bensì si avvicina essa stessa al fruitore, mostrando i numerosi punti di incontro tra medioevo e contemporaneità.

Per questo il capitolo conclusivo dal titolo Corpi futuri è forse una genuina analisi dell’uomo contemporaneo come di quello medievale. Nel medioevo si cercava attraverso il corpo di comprendere quali fossero gli eventi futuri, e nel quale credenze religiose e scaramanzia si sono intrecciati. Nel leggere un testo così denso si può pensare che nel medioevo le persone fossero sovrastate da un pensare il sé che ad oggi definiremmo bizzarro, ma è Harnell stesso a dimostrarci che forse, dopo uno sguardo più autocritico, nei secoli siamo cambiati ben poco. Nel medioevo le persone pregavano e speravano, ridevano e piangevano, davano battaglia e stringevano alleanze. Non solo non siamo diversi da loro, ma è oltremodo importante comprendere l’uomo medievale per capire come usi e costumi, per quanto mutino nei secoli, sono null’altro che polvere che si appoggia sull’inamovibile pietra dei comportamenti umani che, dopo la lettura di quest’opera, sentiamo più nostri.

Ettore Pascal Valiani