Tommaso Penna interviene su Giuseppe Corvaja e il suo discorso sul colera (1836)

Tommaso Penna, La sfida del colera: sanità ed economia politica nelle riflessioni di Giuseppe Corvaja

Negli anni e nei mesi precedenti all’arrivo dell’epidemia di colera del 1836-37 a Napoli, la produzione letteraria, scientifica e pseudo-scientifica presentava tutto meno che un consenso unanime sulla natura della malattia e, in particolare, sui meccanismi della sua trasmissione. In sostanza, le teorie mediche del tempo si possono ricondurre a due principali alternative: alcuni ritenevano che il colera fosse “contagioso”, cioè trasmesso attraverso il contatto diretto con un malato; d’altra parte, invece, i loro avversari affermavano che il morbo fosse “epidemico” (o “diffusivo”), cioè diffuso attraverso l’atmosfera per mezzo miasmi o correnti di aria insalubre[1].

Anche dal punto di vista strettamente scientifico, gli anticontagionisti non costituivano affatto uno sparuto gruppo di oscurantisti, ostinati a negare verità scientifiche provate o provabili sulla base delle conoscenze allora stabilite. Al contrario, proprio nella prima metà del XIX secolo le teorie anticontagioniste stavano raggiungendo il più alto livello di elaborazione scientifica, di diffusione e di rispettabilità[2]. Il batterio Vibrio cholerae sarebbe stato identificato nel non lontano 1854 da F. Pacini, ma nel frattempo, ancora nel 1853, l’antica ipotesi del contagium animatum (che sarebbe stata ripresa, trasformata e revitalizzata dalla microbiologia nella seconda metà del secolo) appariva ad alcuni dei più eminenti scienziati europei del tutto obsoleta[3].

Ecco, quindi, il quadro in cui si inserivano i dibattiti riguardanti la risposta politica e amministrativa alla minaccia apportata dal progredire del colera attraverso l’Europa. Il Regno delle Due Sicilie, ultimo Stato europeo ad essere colpito dall’epidemia, rappresenta un caso particolarmente interessante per approfondire le reazioni al suo diffondersi sul piano del dibattito sociale e politico. I napoletani, tra il 1831, data di pubblicazione del Rapporto sul Cholera-Morbus, redatto dai medici inviati dal Supremo Magistrato di Salute nel “settentrione d’Europa” per investigarne la natura[4], e il 1836, quando il colera effettivamente raggiunge il regno, ebbero diversi anni di tempo per riflettere a fondo sul da farsi.

In questo contesto si colloca un «Discorso filosofico» di Giuseppe Nicola Corvaja, intitolato La Colera Combattuta dalla Ragione, di cui sarà qui analizzata la seconda edizione apparsa a Napoli nel 1836 (nulla si sa invece della prima, di cui non sono conservati esemplari). Il periodo di pubblicazione di questa seconda edizione è da far risalire agli ultimi mesi dell’anno: nella prefazione l’autore fa riferimento come a un fatto compiuto alla propagazione del morbo nella capitale, colpita in effetti dal colera tra il 2 ottobre e gli ultimi giorni di dicembre del 1836; una seconda e più grave ondata si sarebbe poi verificata tra il 13 aprile e il 24 ottobre 1837[5].

Corvaja aveva all’epoca cinquantuno anni, ed aveva alle spalle una vita alquanto movimentata. Nato nell’entroterra siciliano da una famiglia aristocratica, si era dedicato all’attività politica sin dalla giovinezza, risultando affiliato alla Carboneria nel 1820. Dopo due anni di carcere a Palermo per aver partecipato a una congiura, dal 1824 lo troviamo a Napoli come commerciante di vini. Dal 1832 era stato direttore di una società denominata Compagnia enologica industriale, che però era presto entrata in crisi, sciogliendosi nell’agosto del 1835. Nell’aprile del 1837, preso atto del fallimento definitivo dell’impresa, si sarebbe poi trasferito a Parigi dove, nel giugno dello stesso anno, avrebbe pubblicato un progetto di riforma sociale in un opuscolo recante l’ambizioso titolo Le nouveau monde, projet financier pour arriver à une complète réforme sociale. La pubblicazione del pamphlet sull’epidemia di colera a Napoli, peraltro non segnalata nella voce a lui dedicata sul Dizionario Biografico degli Italiani[6], è quindi da collocarsi in un momento di svolta nella vita dell’autore, il quale stava vivendo l’esperienza di un fallimento professionale.

Dal momento che tra la pubblicazione della seconda edizione del Discorso filosofico e quella de Le Nouveau Monde sarebbero intercorsi appena sette mesi circa, è ragionevole ritenere che le idee alla base della teoria delineata nel secondo di questi scritti fossero, almeno in parte, già state elaborate all’epoca della stesura del primo. Il progetto di riforma del Corvaja, che dal 1840 sarebbe stato ripresentato in maniera più dettagliata nell’opera in due volumi La Bancocrazia, può essere ascritto a quella variegata corrente di pensiero che si stava diffondendo nell’Europa degli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento e che si suole definire “socialismo utopistico”. Senza addentrarsi qui in una più approfondita disamina del pensiero e dell’opera del Corvaja, è interessante tenere a mente come egli intendesse presentarsi come fautore di idee di riforma assai radicali (in sostanza, la statalizzazione di gran parte della proprietà privata), ma pur sempre con un atteggiamento ambiguo, che negli anni dei moti risorgimentali lo avrebbe reso inviso tanto a rivoluzionari e liberali, quanto a cattolici e conservatori[7].

Tornando al colera del 1836, troviamo Corvaja intento a confutare le analisi dei contagionisti e a rifiutare le loro prescrizioni di cordoni sanitari e quarantene come strumenti adatti a combattere la diffusione dell’epidemia. Corvaja, un aristocratico nato nel diciottesimo secolo, sembrava ritenere, all’occorrenza, di sapersi improvvisare filosofo e naturalista. Dalla lettura del suo opuscolo emerge una visione della medicina non tanto come scienza empirica, quanto come ambito di applicazione del pensiero razionale secondo criteri logico-deduttivi, proprio quale di lì a poco lo stesso autore avrebbe considerato l’economia politica. Corvaja si inserì nel dibattito scientifico del suo tempo, prendendo come punto di partenza l’ipotesi che egli associava al pensiero più moderno e dinamico, e cioè l’ipotesi anticontagionista: «Stabilito da noi come assioma, che la malattia non è contagiosa nel suo pretto significato, (…) riconosciamo però di esser prudenza di usare tutte le precauzioni per attenuare la forza dell’azione di un’aria infetta su la nostra persona»[8].

Più avanti, Corvaja si domandava: «perché si è tanto disputato (…) se questa malattia sia contaggiosa, o pur no?» A cui rispondeva, in tono alquanto “illuministico”: «l’amor della vita (…) consiglia sempre l’uomo a portare le precauzioni all’estremo, quando trattasi di cose, che possano comprometterla». È la stessa natura umana a spiegare l’irrazionale proliferare di inefficaci misure governative volte al contenimento dell’emergenza epidemica. Da ciò segue la logica conclusione: «noi vedremo sempre i Paesi non ancora attaccati sostener fortemente l’opinione del contagio, perché si lusingano di poter evitar la malattia». Ciò malgrado il fatto che “rigor sanitario” e “apparecchi di precauzioni” sono portatori di conseguenze “mille volte peggiori” rispetto al libero consorzio dei cittadini[9].

Per Corvaja, la malattia e i suoi effetti sulla popolazione si potevano ben rappresentare con una metafora tratta dall’ambito fiscale: «Il tributo da pagarsi non eccederà dall’uno al due per 100, e da taluni paesi (…) si pagherà forse meno, e anche nulla»[10]. Qui l’autore intendeva riferirsi al tasso di mortalità dell’epidemia, a patto però che essa fosse stata affrontata con la corretta “disposizione d’animo”. Studi recenti hanno stabilito che nella città di Napoli il tasso di mortalità sul totale della popolazione fu effettivamente dell’1,44% nella prima ondata epidemica, ma del 3,27% nella seconda ondata: ciò equivale in termini assoluti a più di cinquemila morti nei tre mesi circa della prima ondata e quasi dodicimila nella seconda ondata[11]. Tuttavia, più che la capacità di Corvaja di quantificare la mortalità in maniera più o meno accurata, è notevole l’uso stesso di un vocabolario tratto dal linguaggio finanziario per rappresentare il fenomeno epidemico. Non a caso, Corvaja, già uomo d’affari, si sarebbe dedicato negli anni seguenti alla propaganda del “catechismo finanziario” della sua teoria “bancocratica”.

Corvaja, ambiguamente fautore di un’utopia sociale a carattere egalitario, si rivolgeva però esplicitamente a un pubblico appartenente ai ceti medio-alti, presumibilmente la classe di uomini con cui aveva avuto a che fare nel corso della sua vita professionale. Infatti, per l’autore, «vi è tutta la ragione da credere, che fra i cento vi siano uno o due individui più malsani che paghino questo tributo» in vece dei lettori stessi. «Mancando il misero di una più sana nutrizione, (…) mal vestito, e peggio alloggiato, si offre vostro mallevadore colla sua vita»[12].

In definitiva, ciò che più stava a cuore a Corvaja – e la sua principale motivazione nel pubblicare l’opuscolo – non era tanto lo studio della malattia sotto l’aspetto medico-scientifico, quanto il prendere posizione riguardo alle conseguenze dell’epidemia sul piano politico e sociale. L’autore si dichiarava fortemente contrario a quarantene e contumacie volte a ostacolare il naturale riunirsi dei cittadini nei vari ambiti della vita economica, sociale e politica, denunciando il pesante costo economico e sociale del blocco della circolazione di uomini e merci, e, più in generale, i rischi insiti in misure tutto sommato inefficaci. Egli, dopotutto, riteneva che la medicina, non essendo una scienza esatta in grado di fornire risposte certe, fosse tanto più utile quanto in grado di farsi ancella del senso comune dei cittadini e dell’arte di governo degli uomini di Stato, equiparando in tal senso l’utopia di una società ben ordinata a quella di una società sana e al riparo dalle insidie della natura.

Dal punto di vista storiografico, il testo, abbastanza tipico della letteratura d’occasione di argomento medico della prima metà dell’Ottocento, e in particolare dei periodi di maggior diffusione delle epidemie, rappresenta un’utile fonte per lo studio del rapporto fra pratiche di prevenzione sanitaria e interessi economico-politici, tematiche riguardo alle quali il dibattito storiografico novecentesco ha prodotto risultati assai degni di nota[13]. La diffusione, tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo, dell’anticontagionismo nella sfera pubblica europea è una tematica che potrà suscitare l’interesse non solo di storici della scienza e della medicina, ma anche di coloro che vorranno approfondirne la dimensione socio-culturale, per esempio nell’ottica dello studio della cultura politica, o dei dibattiti sul libero mercato che conobbero grande fortuna proprio in quegli anni.


[1] A. Forti Messina, Società ed Epidemia: Il Colera a Napoli nel 1836, Milano 1979, pp. 12-13.

[2] E. H. Ackerknecht, Anticontagionism between 1821 and 1867, in «Bulletin of the History of Medicine», 22 (1948), n. 5, pp. 562-593 (p. 565).

[3] Ivi, pp. 563-564.

[4] Rapporto sul Cholera-Morbus diretto al Supremo Magistrato di Salute di Napoli dalla Sua Facoltà Medica, Napoli 1831.

[5] Forti Messina, Società ed Epidemia cit., p. 21.

[6] M. Borghese, M. Ganci, Corvaja, Giuseppe Nicola, in «Dizionario Biografico degli Italiani», vol. 29 (1983), ad vocem. Sull’attività commerciale del C. nel periodo 1824-35 si veda anche la sua Lettera del direttore della Compagnia enologica industriale a’ possedenti di vigneti delle Due Sicilie, L’Aquila 1833.

[7] D. Cantimori, Utopisti e riformatori italiani, Roma 20212, pp. 203-229; F. Pitocco, Utopia e riforma religiosa nel Risorgimento, Bari 1972, pp. 224-236; G. Cingari, Problemi del Risorgimento meridionale, Messina-Firenze 1965, pp. 79-152; G. Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento, Milano 1962, pp. 293-294.

[8] G. N. Corvaja, La Colera Combattuta dalla Ragione, Napoli 1836, p. 9, corsivo aggiunto.

[9] Ivi., pp. 9-10.

[10] Ivi. p. 15.

[11] Forti Messina, Società ed Epidemia cit., pp. 26-27.

[12] Corvaja, La Colera cit., p. 22.

[13] Cfr., per esempio, Ackerknecht, Anticontagionism cit., e P. Baldwin, Contagion and the State in Europe, Cambridge 1999.

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